NON GIUDICARE

La forza della sesta stagione di Black Mirror

E dicono che la sesta stagione di Black Mirror “non è Black Mirror”.

E lo dicono perché non c’è la fantascienza, la distopia, la spaventosa tecnologia, l’angoscia per un futuro imminente, gli effetti collaterali della dipendenza da oscuri schermi, specchi neri della nostra coscienza.

E infatti la sesta stagione di Black Mirror è diversa dalle altre.

Il primo episodio, “Joan is awful”, è quello più simile alle stagioni precedenti, ma gli altri quattro episodi non sono ciò che ci aspettiamo.

Innanzitutto l’ambientazione: nessuno di questi quattro episodi è ambientato nel futuro, neanche prossimo. Sono ambientati nel presente (“Loch Henry”) o nel passato (“Beyond the sea” negli anni sessanta; “Mazey Day” nel 2006; “Demon79” nel 1979).

E poi, soprattutto, l’assenza dell’elemento social e, in generale, della tecnologia futura, in almeno tre di questi. “Loch Henry” recupera le videocassette, Mazey Day le reflex digitali e Demon79… niente.

Solo “Beyond the sea” presenta un elemento fantascientifico (una sorta di clonazione), che ricorda in parte il “download mentale” presente in altre puntate della serie (“Bianco Natale”, “San Junipero” e altre), ma in modo sicuramente più “analogico”, con un sapore nettamente diverso dalle altre stagioni.

E allora? È o non è Black Mirror?

Lo è, lo è.

Anzi…

Non solo è pienamente Black Mirror, ma ci fa capire la vera natura della serie, quella che finora era stata oscurata dall’immaginario distopico. La sesta stagione ci fa finalmente capire il motivo del suo successo e la sua intrinseca forza.

Che NON è la tecnologia.

Il progresso tecnologico nel prossimo futuro SEMBREREBBE essere il tema della serie, e ci siamo cascati tutti, ma non è così. Se la tecnologia distopica fosse il tema della serie, allora Black Mirror non sarebbe diversa da altre narrazioni fantascientifiche (come ad esempio “Upload”) che però non hanno nemmeno un decimo della forza di Black Mirror.

Lo sviluppo informatico non è altro che uno strumento al servizio del VERO tema della serie, che non è la distopia futuristica, bensì… il giudizio.

E, se leggiamo le puntate di Black Mirror senza lasciarci distrarre dallo specchio nero, capiamo che la forza di TUTTE le sue puntate, da “Messaggio al primo ministro” a “Demon79”, è il GIUDIZIO.

Il giudizio è il vero tema di Black Mirror, che lo affronta in tutte le sue sfumature da “ciò che pensano gli altri di noi” (15 milioni di celebrità, Nosedive, Joan is awful), a “pagare per le proprie colpe” (Shut up and dance, Orso bianco, Black museum, Odio universale), “essere giudice e boia di se stessi” (Crocodile, Mazey Day, Loch Henry), a “l’apocalittico giudizio universale” (Metalhead, Demon79) eccetera.

In Black Mirror l’uomo che si sostituisce a Dio, punendo per l’eternità le copie digitali dei protagonisti di Bianco Natale, o tramite vespe assassine o cani robot.

La politica, presente in poche, ma cruciali puntate (Messaggio al primo ministro, Demon79, Gli uomini e il fuoco, Metalhead), è uno dei contesti migliori per il tema dal giudizio, perché i politici sono esposti al giudizio (pubblico) e a loro volta in qualche modo possono giudicare e influire sulla vita degli altri.

Anche l’amore, sia di coppia (Ricordi pericolosi, 15 milioni di celebrità, San Junipero, Striking viper, Hang the Dj) che parentale (Arkangel, Torna da me, White Christmas), è uno dei contesti dove più naturalmente può essere raccontato il tema del giudizio.

Questo tema fino alla quinta stagione è stato declinato soprattutto in termini tecnologici perché la tecnologia può amplificare nel tempo e nello spazio il tema del giudizio: può rendere queste punizioni eterne (San Junipero, Bianco Natale, Uss Callister) o onnipresenti (Shut up, Nosedive, Joan is Awful). Questa onnipotenza tecnologica rende il tema del giudizio ancora più terribile: ed è qui che sta la forza della serie, un giudizio terribile, spesso senza pietà, immune dal perdono.



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